Iolanda ha vissuto per 36 anni nella famiglia della regista Silvana Costa, prima di fuggire in Canada. Era una delle ultime bambine provenienti da povere famiglie contadine della Calabria e cedute a famiglie benestanti, che le prendevano in affidamento per metterle a lavorare come domestiche e tate. Iolanda era una persona di famiglia ma con un ruolo subalterno, un’identità liminare, che oscillava tra l’amore e l’odio, tra ribellione e accettazione. In un viaggio a ritroso nel tempo, la regista ricostruisce insieme alla sua vecchia tata il lungo percorso fisico e ideale che le ha separate per più di 30 anni. Tra aneliti di libertà e legami inscindibili riprende vita una “micro-storia” che racconta il nostro Paese, le sue molteplici culture e il tentativo di superarle per rivendicare la propria autodeterminazione.